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Cosa succede alle valute dei paesi emergenti?

Valute dei paesi emergenti: è crisiLe valute dei paesi emergenti stanno vivendo un periodo difficile, tra i più difficili della loro storia.

Le sofferenze finanziarie di Argentina, Venezuela e Turchia, però, potrebbero presto proiettarsi in Europa e negli Stati Uniti. In un certo senso, sta già accadendo. Sullo sfondo si staglia un colosso dalle potenzialità straordinarie: la Cina.

Cosa sta accadendo nel mondo?

Su Milano Finanza è comparsa una tabella in grado di far capire bene in che situazione ci troviamo. In questa tabella vengono messi a confronto i valori delle coppie valutarie dollaro-paesi emergenti nel 2008 e nel 2014. Le differenze sono incredibili. Una sola parola basta a descrivere il tutto: ipersvalutazione.

A onor del vero, tutti i paesi emergenti spingono – per “costituzione” alla svalutazione. Ma si tratta di una svalutazione competitiva, abbastanza leggera, “imposta” allo scopo di rendere le proprie merci appetibili nei mercati internazionali. Qualcosa, però, è certamente sfuggito di mano.

Dal 2008 a oggi e rispetto al dollaro, Il rublo russo si è svalutato del 35%. La rupia indiana del 34%. La lira turca addirittura del 79%.

Parlando di fatti recenti, il peso Argentino ha perso in un solo giorno il 15% del suo valore, sempre rispetto al dollaro (venerdì nero, 24 gennaio 2014)

Il perché della crisi

Quali sono le ragioni di questa svalutazione? La colpa è della “droga americana” e nell’abuso di questa perpetrato dalle economie emergenti. La droga è il Quantitative Easing. La stampa forsennata di moneta da parte della Fed ha spinto gli investitori nelle braccia dei paesi emergenti, che quindi hanno sommato alla crescita che già li caratterizzava un’ulteriore spinta determinata dagli investimenti esteri.

Il pusher ha però diminuito la dose e gli effetti già si vedono. La Fed ha decretato il Tapering, ossia il programma di riduzione del QE, sicché gli investitori stranieri, non più rinfreschiati dalle cascate di denaro, hanno cominciato a ritirarsi dai paesi emergenti.

In questi, detta brutalmente, sono rimasti pochi dollari e tanta moneta nazionale, sicché è i vari pesos, lire turche, rublo e così via sono andati svalutandosi. Il panico dei mercati ha fatto poi il resto.

Le conseguenze per l’economia globale

La prospettiva è quella classica del vicolo cieco. I governi interessati dalla crisi valutaria hanno a disposizione varie ricette ma tutte comportano gravi effetti collaterali. Dovrebbero, in estrema sintesi, adottare politiche monetarie molto restrittive, ma così facendo soffocherebbero la crescita economica. La Turchia, comunque, ha già iniziato ad alzare i tassi di interesse.

C’è anche il rischio, ovviamente, che i Governi facciano poco o troppo poco per fermare la svalutazione. In questo caso, a pagarne dazio sarebbe anche l’Europa. Le valute dei paesi emergenti si svalutano infatti nei confronti delle monete forti, e tra queste figura senz’altro l’euro (è tra le altre cose in corso un principio di deflazione).

I paesi dell’Eurozona troverebbero ostacoli insormontabili nel cercare compratori per le loro merci.

C’è poi uno scenario un po’ singolare. I paesi emergenti hanno fame di investimenti stranieri dal momento che è l’assenza – o la scarsità – di questi a causare la svalutazione. Si potrebbe fare avanti la Cina ed agire un po’ come è stato fatto in Africa: acquistare, acquistare, acquistare. Il colosso Asiatico potrebbe “prendersi” l’America Latina come ha fatto con il Continente Nero.

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